Un sogno

13.07.2017

Quello che è successo tra me e te, stanotte, e che non si ripeterà, perché i sogni belli non concedono il bis, si aggirava nel mio animo da sempre, da quando mi hai sorriso la primo volta, riconoscendomi nella sconosciuta che aveva, da un miserabile palco, spronato alla lotta gli astanti.

Poi tante, o poche perché simili, situazioni hanno punteggiato la nostra vita, il nostro incontrarsi, il nostro lasciarsi e ritrovarsi senza mai perdersi. Complice, sorella e figlia, ecco i tuoi ruoli nella mia vita; e mai una sovrapposizione fra loro, sempre tutti presenti, perché le vere trinità sappiamo farle solo noi.

Eccoti dunque il mio sogno, banale eppure così intenso da obbligarmi a darmi piacere al risveglio. Siamo io e te, in un luogo scuro e naturale, forse un bosco di notte. Parliamo, come sempre quando siamo insieme: speranze, progetti, difficoltà, inciampi tuoi e miei aleggiano fra i rami e le fronde, raccolti dal silenzio che incombe. Qualche sorriso scandisce la nostra ciarla, sfiora la nostra anima.

Improvvisamente, come sempre nei sogni, cambia la scena: stiamo andando a dormire, in una camera sconosciuta, un albergo forse. Prendi un sonnifero, non vuoi rischiare l'insonnia, e ti adagi in un sonno inquieto ma profondo, mentre io veglio il tuo respiro. E guardo il tuo corpo magro e indifeso, i piccoli seni, le gambe lunghe adagiate con cura l'una accanto all'altra e l'inguine tuo ancora villoso, non come il mio ormai provato dalla vecchiezza che arriva. Ti sfioro la mano e tu, con un movimento quasi impercettibile ma deciso, mi stringi le dita, e poi le rilasci. Sospiri, e ti accomodi meglio divaricando leggermente le gambe. A questo punto so che potrò accompagnare il tuo sonno con carezze leggere, e comincio a percorrere il tuo corpo come se fossi una bimba, da proteggere dalla notte che ci attornia. La mia insonnia custodisce il tuo riposo e mi regala il rimpianto di non averti mai cresciuto dentro me, di non averti davvero generato. E forse questo emoziona le mie viscere. Mi sveglio che la mia mano sta già procurandomi il piacere.

Complice, sorella e madre. È quello che sento. E una sicurezza nitida e presuntuosa di non poterci perdere mai, come credo sia per i legami parentali solidi e sostenuti da reale affetto. Non importano i fatti della vita. Come quando sotto quel palco, intuendo in te una passione pura, incontaminata e dirompente di pancia e cuore - ancor più rilucente in un contesto com'era quello di parole già appesantite dal teatro e dal vizio del burocratese peraltro ingiustificato - mi dissi che ci saremmo incontrate, prima o poi. Ed era una certezza naturale e inespugnabile.

Grazie, quindi, di aver condiviso la dolcezza di questo sogno. E di avermi donato la tua presenza, o ancora meglio il tuo Essere. Le tenebre rimarranno fuori, almeno da noi. Che di spazio da occupare ne hanno già a sufficienza.

Ti abbraccio, adorata. Perdona la fatica di questi tempi. Il gatto uscirà presto da sotto il letto.

Avevo qualche preoccupazione, sai, che le mie parole avessero potuto indurti dubbi, che il côté erotico del sogno -che come al solito nel mio modo di scrivere un po' troppo stringato non ero riuscita ad argomentare- avesse potuto disturbarti. E invece la tua risposta, le tue amorevoli parole mi hanno accompagnato durante questi giorni torridi come un venticello raffrescante, aiutandomi ad ascoltare e interpretare l'armonia del nostro incontro.

Però ho riflettuto; non sulle spiegazioni psicanalitiche di un sogno così trasparente, ma sul fatto che il mio desiderio sia stato attivato dal rimpianto, come ti ho detto, di non averti davvero generato.

E mi sono ricordata dell'erotismo che la maternità regala, di quel corpo generato che comprende ogni simbologia: oggetto di culto, incredibile prova di una potenza ineguagliabile che mai si trasforma in desiderio di potere, di sopraffazione; oggetto di cura, di desiderio di protezione continua e preoccupata; oggetto di meraviglia, di stupefazione costante nel vederlo crescere, mutare, diventare altro da me ma in qualche modo ancora me. E questo attizzava spesso, nelle carezze, nelle coccole, negli abbracci di quell'essere così indifeso e così importante, una sorta di desiderio erotico alla base del quale c'era la felicità e il rimpianto di quella dualità perfetta che accompagna durante la generazione di una vita.

Ho rivissuto in questo breve sogno, nella carezza che indugiava sul tuo corpo, protettiva e amorosa, l'armonia e la nostalgia di allora. È stato come averti un po' generato, esplicitando un ruolo di mamma "davvero" che rimarrà, quello sì, sempre e solo un sogno.

La tua mamma "magari".

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