Un autobus chiamato...

04.06.2019

Cristina si recava al lavoro in autobus, a metà pomeriggio. Da qualche settimana era la seconda badante di un anziano solo: dalle cinque alle nove gli faceva da mangiare e lo preparava per la notte, poi ritornava a casa; il tutto per pochi soldi: «Però sei in regola e hai la cena gratis!» le avevano ricordato i parenti che l'avevano ingaggiata. Non era il lavoro che voleva, ma si era rassegnata: "alla mia età bisogna prendere quello che viene! È già un miracolo che non mi abbiano preferito una rumena"..., sospirava. Come sempre era salita dalla porta posteriore, perché scendere da quella, una volta arrivata a destinazione, le permetteva di risparmiarsi qualche metro di strada a piedi; la sua gamba destra, leggermente atrofizzata per i postumi di un incidente, la ringraziava per l'attenzione. Era una di quelle linee che collegano tra loro periferie malconce, abitate perlopiù da migranti di tutte le epoche, e a quell'ora l'atmosfera nell'autobus era babelica: i bambini uscivano dalla scuola materna, dall'asilo nido, dall'elementare a tempo pieno e l'aria si saturava di voci, dialetti, idiomi diversi poiché la maggior parte dei bimbi rispondeva in italiano alle domande che mamme e nonne ponevano nella lingua natia. Pochi i maschi adulti, non è affare da uomini curare i figli; e quando c'erano, quasi sempre accompagnavano la moglie supportandola per far entrare nella vettura carrozzine ingombranti, talvolta a due posti.

Cristina non riusciva a trovare da sedersi, poi una ragazza araba le aveva ceduto il posto sorridendo; era vicino al finestrino, doveva oltrepassare un altro ospite per arrivarci. Si era intrufolata a fatica: «Grazie…». «Prego...». Che bolgia! Che stanchezza! Di fronte a lei un africano con una bimba, presumibilmente sua figlia. La bambina non stava ferma un momento, trafficava con il suo giubbotto, si alzava, si risedeva, urtava Cristina, e il padre chiedeva scusa, imbarazzato: «Sorry!... scusi... sit down, Grace!» "Nigeriani", aveva pensato Cristina infastidita: aveva estratto dalla borsa lo smartphone e si era subito immersa in un gioco per estraniarsi dal vocio assordante: aveva giusto il tempo per provare a migliorare il suo record personale.

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Questo racconto è pubblicato in Luz Bisetti, Fuori amore e altri racconti, Readaction editrice, Roma 2023. Cercatelo in libreria! 

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