Senilitudine

07.12.2023

Autobus 498: inforcati gli occhiali, Maresa guardava attentamente il biglietto che la ragazza le aveva passato cercando di interpretare la calligrafia un po' incerta con cui era vergato: "Via Brunaldi 87", aveva scandito alla fine della decifrazione "Allora, guardi, via Brunaldi è la via parallela a questa", spiegava accompagnandosi con i gesti e parlando lentamente, "le conviene scendere alla prossima fermata, poi attraversa la strada", altri segni, mani che indicavano direzioni e percorsi, "e poi la trova subito lì; la prima, ha capito?, la prima strada parallela a questa" "Grazie", aveva risposto la ragazza, sicuramente straniera, probabilmente araba, certamente incapace di argomentare meglio la sua riconoscenza per l'aiuto ricevuto; intanto lei aveva rimesso a posto gli occhiali da presbite e si era risistemata sul sedile, soddisfatta della sua prestazione.

"Guardi, scusi se intervengo, ma se il numero di via Brunaldi che cerca è l'87, come mi sembra di aver sentito, forse conviene farla scendere a quella dopo, perché la via inizia qui, e altrimenti deve fare un sacco di strada a piedi". Si erano voltate tutte e due contemporaneamente verso la voce, Maresa infastidita dall'intrusione, la ragazza incuriosita per aver sentito nuovamente il nome della strada. La voce che si era intromessa nel colloquio apparteneva a un anziano più o meno coscritto di Maresa: "Se scende ora scende all'inizio della via! quella successiva secondo me è più giusta. Scusi se mi immischio, sa, ma è solo per non farla camminare tanto, che aspetta un bambino…" "Camminare in gravidanza fa bene" aveva controbattuto leggermente acida Maresa "ma comunque ha ragione", E, rivolta alla ragazza: "Non subito, a quella dopo le conviene scendere, come suggerisce questo signore. Quella dopo; ha capito? Guardi, stia tranquilla, glielo dico io quando scendere", aveva chiuso sorridendo. Aveva sorriso anche la ragazza; "Solo a lei", aveva notato Gino "probabilmente è una musulmana osservante". Quando era sceso, aveva salutato Maresa: "Buona giornata, e mi scusi ancora se mi sono intromesso prima" "Ma si figuri, ha fatto bene; avevo fatto caso solo alla via e non al numero, e lei ha fatto bene a correggermi! Buona giornata anche a lei!". E stop.

Qualche tempo dopo (forse una settimana o due, il tempo che passa è difficile da registrare quando si è in pensione) si erano ritrovati: sul tram 112 questa volta. Lui, Gino, era appena salito alla fermata 226 quando aveva sentito la voce di lei che chiacchierava con un'altra utente della linea, raccontandole pezzi della sua vita: "Non ho mai abitato qui in questa zona, perché mio marito buonanima…". Ma la sua interlocutrice l'aveva fermata: "Mi scusi, devo scendere alla prossima: mi farebbe passare?" "Certo mi scusi lei se l'ho infastidita!" "No, no! è che devo scendere, buona giornata". Maresa aveva dovuto alzarsi per far passare la sua occasionale conoscenza, seduta tra lei e il finestrino del tram. Alzandosi, si era voltata per girar lo sguardo d'attorno e lo aveva scorto. Gino le aveva sorriso, salutandola: "Buongiorno" "Buongiorno a lei! Vuole sedersi?" "Grazie".

Qualche passo per raggiungere i due sedili ed erano cominciate le chiacchiere, ma: "Scusa, tu sai dove io scendo per via scu… scu… aspetta", e aveva sporto a Gino l'ennesimo bigliettino: "Via Squarzani?", aveva letto lui "Mi sembra tra due, ma non ne sono sicuro". Si era rivolto a Maresa: "Sa se è tra due o tre fermate via Squarzani?". Lei aveva già estratto il cellulare: "Non lo so, ma sto guardando" e dopo pochi secondi: "Meglio tra due". Altri gesti di tutti quanti, indicazione di numeri con le dita, salti con le mani per indicare le fermate, qualche sorriso e cenno del capo. L'uomo che aveva chiesto informazioni si era spostato verso l'uscita, ringraziando ancora: "Eh, poverini, dev'essere difficile senza conoscere la città e la lingua spostarsi con i mezzi!", aveva commentato Gino, aggiungendo subito: "Io la prossima devo scendere, e lei?" "Per me è uguale, sto solo perdendo tempo perché ho sbagliato l'orario di un appuntamento e… non sapevo cosa fare e ho preso il primo mezzo che passava!", si era giustificata con un po' di affanno "Be', allora se ha tempo da perdere può scendere alla mia e le offro un caffè!" "Ma non si disturbi!" "Nessun disturbo, davvero". E così avevano fatto.

"Certo che è strano, sembra un segno del destino: due volte ci siamo incontrati, due volte ci hanno chiesto indicazioni!", commentava Maresa davanti al cappuccino fumante: ma subito era leggermente arrossita, condannandosi per la frase che poteva sembrare una piccola avance: "Non so nemmeno chi è, perché diavolo dico 'ste cose?" si era chiesta, furente con se stessa. Gino le era venuto in aiuto: "Se il destino ha deciso così, sarà meglio presentarsi allora: io mi chiamo Luigi, detto Gino, sono divorziato, ho lavorato da operaio specializzato fino a cinque anni fa ma ho la pensione minima perché ho lavorato molti anni in nero, abito in zona Barcarola in una casa piccola ma di proprietà, non ho figli, non fumo… Che altro dire non saprei!", aveva concluso ridendo. E lei aveva subito reagito: "Allora… io sono Maria Teresa, detta Maresa, sono vedova, ho un figlio che vive e lavora all'estero, in Belgio per l'esattezza, ho l'assegno sociale, anch'io ho una casa piccola che mi ha comprato mio figlio, una volta fumavo ma poi ho smesso. Ah, cucino bene, almeno così dicono tutti!", e si erano sorrisi stringendosi la mano. "E in che zona è la casa che le ha regalato suo figlio?", aveva ancora indagato lui "In Treppeste, di fronte a Barcarola" "Allora siamo quasi vicini!" "Già". E avevano taciuto per finire la colazione che raffreddava.

"Forse le sto facendo far tardi al suo appuntamento!", si era riscosso lui improvvisamente "Quale appuntamento?" aveva chiesto lei sovrappensiero. Poi si era ricordata, arrossendo vistosamente: "No, no, non si preoccupi, ho… ho avvertito che ritardo" "Ah! ma se vuole andiamo via subito e magari arriva in tempo". Ma lei sembrava scombussolata: "Non si sente bene?", aveva chiesto lui preoccupato. "No, no!", e poi, dopo aver inspirato profondamente e abbassato lo sguardo: "Senta, io lo so che farò la figura della stupida, ma devo confessarle una cosa: non avevo nessun appuntamento. Prendo il tram o l'autobus per passare il tempo, perché non so cosa fare a casa da quando non posso più leggere e ricamare perché la vista se ne sta andando… E allora esco, prendo il primo mezzo che passa, scendo a una fermata dove ce n'è un altro, lo prendo e mi giro la città; e intanto parlo con le persone, a volte infastidendole come stamattina, a volte… a volte conoscendole meglio, come è successo con lei. Mi giudicherà una stupida, adesso, ma… mi spiaceva dirle bugie", aveva chiuso, spossata. Aveva rialzato lo sguardo appena in tempo per vederlo estrarre un fazzoletto, per soffiarsi il naso e contemporaneamente, chissà come mai, asciugarsi gli occhi. Poi Gino aveva abbozzato un mezzo sorriso imbarazzato per confessare anche lui: "È incredibile! Sa che faccio lo stesso anch'io?" "Davvero?" "Sì, ogni mattina di tempo buono. Non in inverno, ché fa troppo freddo, ma nelle altre stagioni almeno due tre volte la settimana. Ho cominciato così, per caso, un giorno che mi era successo davvero di anticipare l'ora di un appuntamento col dentista, e poi non ho più smesso. E mi piace anche rendermi utile dando indicazioni, come fa lei… Lei? E se ci dessimo del tu?".

Avevano continuato il loro giro insieme: prima di scendere alla fermata vicino a casa avevano guardato le previsioni del tempo per fissarsi un appuntamento: "Domani è bello! Ci vediamo alla fermata del 347 alle nove e mezza?" "D'accordo!" "Buona giornata, Gino!" "Altrettanto a te, Maresa!".

Tutti i diritti riservati 2018
Creato con Webnode
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia