Renato Guttuso

La GAM di Torino dedica una bella mostra a Renato Guttuso in occasione del cinquantenario dei sommovimenti sociali sessantotteschi. Un modo, un po' trasversale, di onorare un momento nostalgicamente evocato da molti ma pragmaticamente lontano dai nostri giorni così bui.

Io non sono, né voglio apparire, una che se ne intende di arte; mi intendo unicamente dell'interpretazione di ciò che la vista di un manufatto artistico evoca in me, delle riflessioni che provoca al mio animo; e questa mostra di sommovimenti ne ha causato. Perché Guttuso è artista diretto, che non necessita, né desidera, mediazioni interpretative. Non solo per la sua felice adesione al realismo, ma soprattutto per la temperatura della sua pittura, così piena di materiali, di realtà, di viscerale emotività che non può dimostrarsi se non con una visione diretta, a volte profetica, di ciò che è.

Tentando una definizione, Guttuso è, almeno in apparenza, artista didascalico. La sua pittura illustra rigorosamente ciò che intende rappresentare, a partire dai titoli dei suoi quadri che non permettono ermeneutiche, vaghezze: "Goffredo Parise che visita la fabbrica dei libretti rossi", dipinge con encomiabile precisione lo scrittore che scompare tra cataste di libretti, compresso da una prospettiva che annulla ogni misurazione attendibile e ne fa quasi svaporare i contorni. "Nuvola rossa" fa irrompere l'anelito di una rivoluzione impossibile nello spazio angusto della quotidianità, tra uova che cuociono e libri che attendono di essere decodificati. "Boogie-woogie" dà ritmo e movimento alla tristezza sepolcrale che alberga negli occhi dei giovani rappresentati. Ma è come se la puntigliosa precisazione dell'oggetto dei suoi quadri permettesse a Guttuso di lavorare sui margini di tale esattezza, e di svelare l'indicibile, l'orrore che si cela dietro lo schermo dell'apparenza, scevro da ogni simbolismo o astrattezza. 

Un artista importante.