Recensioni

18.07.2020

Cosa ne pensa Franco Rella 

Conosco Luz Bisetti, e conosco la sua passione per la realtà, che l'ha portata a teorizzare varie forme in cui il realismo si manifesta. Ed è per questa passione che ha scelto di scrivere racconti e non un romanzo, perché le è parso che il racconto le permettesse di entrare nelle pieghe, anche le più piccole, del reale e di esplorarne gli anfratti. E' la realtà con il suo opaco spessore che la inquieta e che mette in moto la sua scrittura.
Un uomo, licenziato, perché "si è interrotto il rapporto di fiducia", che cerca di ricostruire un tessuto di abitudini, per esempio tornando ogni giorno alla panchina su cui siede magari a leggere Conrad, e una donna affannata con la sua cagnetta. Un incontro casuale che diventa come un destino. Lui le racconta "tutta la storia, compresi i particolari più minuscoli preso da un'inusuale smania di parlare", preso dalla necessità di parlare. Le parole costruiscono un po' alla volta quello spazio in cui si può fare l'amore anche "dandosi del lei" e in cui, dandosi del lei, si vince la solitudine.
Francesca invece, in un altro racconto, non può fare altro che accasare l'oscurità della sua solitudine, che "scolora l'oggi e corrode il domani", nel lamento, nel mugolio che viene dal piano di sopra, il lamento sempre uguale di Minnie, in cui si manifesta un'umanità straziata, un umano troppo umano.
Diventa racconto anche il confronto con un dipinto, il tuffatore di Paestum. Bisetti non lo descrive, non lo commenta. Lo fa dipingere, particolare su particolare, dal giovane che dovrà terminarlo per la tomba dell'amato, cercando così di rendere il loro amore immutabile e eterno. Immortale come la morte. 


Cosa ne pensa Alberto Carollo 

A ciascuno la sua solitudine è una silloge di racconti, genere che - come accade per la poesia - nel Belpaese risulta poco appetibile per il mercato editoriale, a meno che non si tratti di produzioni di autori affermati che trovano riscontro presso un parco lettori già consolidato. Maria Lucia (Luz) Bisetti, torinese, del 1954, è qui al suo esordio letterario anche se viene dal praticantato della rete, in qualità di blogger. Il libro contiene undici racconti, di lunghezza variabile, che narrano incontri, svolte, il trasformarsi di relazioni nell'arco del tempo o di una vita. Il fil rouge che attraversa la raccolta e che tiene coesi, nel disegno dell'autrice, i singoli episodi, è quel momento quasi irriferibile, nelle vicende dei singoli personaggi, che li costringe a confrontarsi con un cambiamento che potrebbe rivelarsi radicale o "fatale". Deviazioni nella linearità del percorso, insomma: derive ma anche nuovi approdi.

Emblematico, in questo caso, è il racconto "Retrò", che si apre con il licenziamento di Giordano, reo (forse) solo di aver mitizzato l'azienda per la quale aveva dato tutto. A 52 anni, ancora single, Giordano deve rimettersi in gioco, dopo esser stato assorbito a lungo solo ed unicamente dal suo lavoro. Sarà la goffa Mariella, più âgée del nostro, a sparigliare ancor più le carte, irrompendo nella sua vita come una breve, inattesa tempesta, in compagnia del suo cane, Zara. «Otto anni, tutti trascorsi in canile... dev'essere terribile, almeno per me lo è il solo pensiero, essere rinchiusi per tanto tempo, sempre ad aspettare...» E la tempesta si placa, aprendo forse spiragli di luce a un amore più maturo e vissuto, dopo tanta solitudine. Ecco, la solitudine del titolo è il refrain che fa da colonna sonora a molti dei tipi di Luz Bisetti. È la solitudine che si rende dolorosa consapevolezza in "L'ora X", dove si scardinano equilibri e dinamiche affettive famigliari quando a una madre viene diagnosticato un cancro. Il perturbamento che ne consegue, nel rapporto tra due sorelle, le induce a riflettersi l'una nell'altra, tra invidie e rimpianti: Rebecca, affascinante e straordinaria nel suo isolamento e nella sua volontà di indipendenza, contrapposta a Sara, ineludibile punto di riferimento nella sua normalità famigliare, con i bimbi viziati e il marito rompiballe. È la solitudine una gabbia in cui Gabriele, il Maestro del racconto "Fiordaliso", si autoconfina nella sua vita di inguaribile edonista, libero di impartire lezioni erotiche con tutto il campionario di punizioni, regole e comandi ad alcune sue indisciplinate alunne-amanti. Ma cosa accade se il Maestro, suo malgrado, finisce per innamorarsi di una delle sue schiave del piacere? Cosa accade se questo amore è così travolgente da indurlo a smettere le sue vesti di "sacerdote" e rivelare il suo animo più profondo e sensibile a colei che, invece, è prigioniera dell'immagine cristallizzata di un dio-maschio dispotico, unica miccia utile a far divampare il suo desiderio? La solitudine è la dimensione peculiare di Valerio, matematico e razionale, protagonista di "Valerio, piccola storia in tre puntate". Il confino di Valerio è decretato dal suo corpo, che pone rigidi dettami non superabili alla sua vocazione mistica, volta ad indagare scienza e fede a patto di non intercettare l'erotismo e la sensualità.

L'erotismo ricorre sovente nelle storie di Luz Bisetti, come un grimaldello al quale affidare il compito di sollevare i coperchi dell'esistenza, strumento di verifica e conoscenza insieme della radice più profonda delle relazioni umane. Con i rischi che una simile pratica comporta: il vaso di Pandora, si sa, è difficilmente governabile nelle sue forze primordiali una volta che gli si sia data la stura. Gli effetti: imprevedibili, e non sempre è possibile ricomporre il tessuto sfilacciato del vivere in un disegno armonioso. Va bene a Valter e Vanessa, che modulano positivamente la loro infatuazione per un vecchio amico di lui, Renato, uscito dal tunnel temporale dell'adolescenza, dopo un lungo silenzio, per farsi vivo col suo amico di merende - e di prime turgide strusciate virili. Renato ora è un intellettuale, un acclamato regista; la coppia ne è soggiogata, tanto da rinfocolare le gelosie mai sopite di Vanessa e quelle, insospettabili, di Valter. Vanessa gelosa di Valter, Valter di Vanessa, ma anche Valter di Renato, e pure Vanessa di Renato. Già, Renato: com'è nato in lui il desiderio di ricontattare il suo vecchio amico d'infanzia? Il trio cercherà di trovare una soluzione allo scompiglio di tanti nervi scoperti. Il paradigma della solitudine, però, può venir decretato dal Tempo, giudice implacabile e irriguardoso. È il caso dei due protagonisti di "Passato prossimo 1" e del suo epilogo in "Passato prossimo 2", uno dei momenti forse più felici della silloge di Bisetti, un lungo racconto che avrebbe potuto esser benissimo un "romanzo breve" epistolare di due anime che si riagganciano dopo diversi anni. Si indagano, si analizzano, fanno il bilancio delle loro vite solo per il tramite della scrittura. Lui è un artista dedito esclusivamente al suo lavoro, che non ha mai tollerato ingerenze sentimentali che non fossero in assoluta e consapevole condivisione della propria unicità, della propria libertà individuale, senza compromessi. Ma la libertà senza confini non rischia di tramutarsi, paradossalmente, in una gabbia più estesa? Solo il Tempo lo può dire. E le mail che i due si scambiano cercano di esplorare proprio questi elementi, nella sottile disamina di lei, attenta e perspicua nello scavare tra le debolezze e l'indubbio talento e carisma dell'uomo che conobbe e dal quale si allontanò. Le braci sopite ma mai spente si riattizzano, e il rigurgito dell'eros di allora sconvolge l'abitudine e il quotidiano dell'artista odierno, che ora scopriamo pure serenamente sposato a una moglie devota. La fine è incerta e tutta da leggersi, nel sofisticato confronto dialettico che i due contendenti non esitano a ingaggiare.

Per farla breve, Luz Bisetti è una buona autrice, che sa toccare i tasti giusti della tastiera alla quale affida la sua immaginazione. Le sue sono narrazioni credibili e coinvolgenti, che spronano il lettore a voltar pagina e stare a vedere come si mettono le cose. Racconti intimisti, farciti di dolori e affanni viscerali, affidati a un'indagine psicologica che non è mai, neanche lontanamente, pedante ma che si dispiega nelle azioni e nelle riflessioni dei personaggi, dosando la scrittura con acume e mestiere, nonché, ritengo, con un editing sapiente. Se devo però fare un appunto a Bookabook: pagine troppo dense di caratteri, poco ariose nell'impaginazione. E spesso questa scelta di rendere in sequenza le affermazioni dei personaggi, senza separarli da spazi o segni di interpunzione, quasi a rendere il tutto un fiume in piena, una colata ininterrotta, pure se intelligibile toglie a volte il respiro. Si tratta comunque di una proposta di qualità e plauso, se non altro per il coraggio di proporre una silloge di racconti (il riscontro non è ovvio, come detto più sopra) e di certo terremo d'occhio i prossimi lavori di Bisetti.

https://www.albertocarollo.it/blog/2020/05/20/a-ciascuno-la-sua-solitudine/?fbclid=IwAR0UYD0kNc4cE431IHAsRtxU7gXwwv01agSonIoeYDeHDOUMbEU1TzPfQbk


Cosa ne pensa Vincenzo Pugliese

Finalmente il tuo libro è uscito fuori dal nascondiglio dove si era infrattato e io ho potuto leggerlo. Bello, mi è piaciuto molto. Soprattutto lo stile, la freschezza dei costrutti, l'ambientazione che mi suona familiare, il linguaggio diretto. E anche una schiettezza inusuale nel trattare argomenti difficili. Se questa è la tua opera prima, direi che è proprio il caso di continuare. L'unica osservazione, se ne vuoi una non positiva, è che alcuni racconti sembrano palesemente autobiografici, dal fatto che c'è un eccessivo autocompiacimento descrittivo. In generale, questo fa perdere forza alla narrazione. In generale, comunque, è stato bello leggere con il piacere che questa cosa deve dare. 


Cosa ne pensa Angela Scarparo

Ciao Luz, il libro è arrivato. Ho anche letto due racconti (Il patto e K.o tecnico). Mi pare che l'esigenza libertar/liberatoria che ti muove, in generale, caratterizzi ciò che scrivi. Questo, oltre a un bisogno decisivo di confronto (quel corsivo con cui i personaggi dialogano fra sé: che valore ha ciò che penso?) fa sì che, chi legge, sia invitato a fare altrettanto. A me, e per quel poco che ne capisco, mi pare che sia tanto. Non dovrebbe forse servirebbe a questo, la scrittura?  


Cosa ne pensa Kat

Ti ringrazio Lucia, per avermi donato il tuo libro, perché comprendo solamente adesso quanto possa risultare difficile scrivere così bene, raccontare di sé e del proprio cercarsi, senza appesantire il discorso, volando, lasciando intuire che è sempre possibile trovare aperto uno spiraglio...qualcosa oltre il nulla può esistere e tu lo mostri con il tuo sorriso e il tuo scrivere. [...] Nonostante io non abbia ancora finito di leggere il tuo libro, già mi ritrovo persa dentro le tue storie. Alcune mi hanno disorientata perché all'inizio, a volte, sembra esserci una possibilità di riscatto, poi scalzata inesorabilmente dal tempo ormai compiuto o dal disincanto dei protagonisti... o ancora, dalla crudezza di una scelta inappropriata.

... ho sensazioni legate indissolubilmente alla mia persona e spero di poterti scrivere alla fine di questa mia lettura, cos'altro mi hanno dato i tuoi racconti.


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