Passato prossimo

13.09.2018

Luglio 199.

Vorrei dirti altre cose, vorrei saper trovare le parole che sanano; e invece sono qui a chiederti di lasciarmi libera da te. Sappiamo entrambi che il nostro incontro ormai non ha più fiato per rincorrere il futuro. Da quando ti ho conosciuto, da quando il destino mi ha concesso questo privilegio, ho imparato la leggerezza e il desiderio, ho subìto il limite e l'assillo. Perché vivere restandoci addosso ci ha permesso di comprenderci a fondo, di inventare le ore, di sconfiggere il vuoto; ma ha sbiadito il paesaggio.

Tu hai il tuo lavoro, che amiamo entrambi, che ti riempie l'anima e lo sguardo. Io, in questi mesi, ho sempre e solo avuto te nel mio orizzonte; e anche se ho cercato di confinarti, hai sempre occupato ogni anfratto, dilagando nella mia vita come la marea che sale. Ma dopo deve ritrarsi, per scoprire itinerari nuovi che permettano di infiltrarsi tra i puntuti scogli dell'esistenza. Districami dalla tua amorosa intelligenza, abbandonami alla mia inutile libertà, consenti al rimpianto di più non averti di straziare le mie viscere, ma regalami la solitudine che sola riuscirà a spazzare via la polvere del tempo, e a far rifiorire il ricordo di noi che già scolora.

Non so cosa rispondere al tuo dolore, e al mio. Non so come argomentare per dirti che il mio futuro è il tuo, e per me lo è senza rincorse, senza affanni, con la solida certezza che noi siamo. Eppure so che ho chiesto molto, e non abbastanza dato, al nostro incontro; e a te. Come ho sempre fatto (e sempre farò) ho piegato la nostra esistenza alla mia, credendo che il mio esserne pago bastasse a sanare ogni incrinatura, a risolvere ogni attrito. Ma pensavo anche che il tuo essere così sfrontatamente libera potesse giocare con i vincoli e le imposizioni, divertendosi a sgocciolare scampoli di esistenza densi anche se brevi. Così non è stato, e il tuo orizzonte sta sbiadendo. Ma se sono io la polvere del tempo che appesantisce le tue ali, soffiami pure via, anima mia, e librati serena.


Ottobre 201.

Ero, ieri, ­alla vernice della tua mostra. Non so perché, dopo tanti anni e tanto silenzio, non ho saputo resistere alla fantasia di esserci, di rivederti. Ho avuto l'impressione, per un picosecondo, che i nostri sguardi si siano incrociati; ma forse mi piace immaginarlo... Se ti scrivo è per terminare il tragitto che il desiderio di ritrovarti ha attivato: puoi ignorare questa mail, rivangare ricordi o ripristinare silenzi, condividere fastidio, turbamento o indifferenza. Accetterò tutto. Avevo solo bisogno di sapere che sapevi. Buona giornata.

Ti ho vista, e il picosecondo è reale, non frutto della tua immaginazione. Ma non ti ho cercata, perché non sapevo come avrei reagito, la mia anima intendo perché il bon ton lo conosco ancora, e ho voluto salvaguardare me e il mio lavoro da una tua irruzione senza preavvisi nella mia vita. Perché rispondo alla tua mail, allora, visto che mi hai lasciato libero da ogni obbligo? Colpa del picosecondo, evidentemente.

Se è così, è evidentemente meglio se ti lascio al tuo lavoro scevro da detestabili irruzioni. Mi ha fatto comunque piacere rivedere te e le tue sculture, che mi hanno come sempre, ancor di più, affascinato. La mostra è molto bella, davvero. Sappi che ho sempre seguito, anche se da lontano, il tuo operare; travolta da altre emozioni, certo, ma sempre attenta a custodire quelle che il nostro incontro aveva generato.

Le hai custodite così gelosamente che ti sei rifiutata di rivedermi una volta che te lo chiesi; per non immiserirle forse...

Odio queste cazzo di mail che permettono di scrivere e rispondere in tempo reale. Comunque sia chiaro che non ho intenzione né di battibeccare con te fino ad esaurire ogni energia, né di operare disgustanti anatomie del mio comportamento e tantomeno del tuo. Quindi finiamola qui, se i termini devono essere questi. E forse non ce ne possono, purtroppo, essere altri.

Sorrido. Non sei cambiata... sempre bizzosa nelle tue reazioni! Anch'io, da quando l'ho scoperto (e l'ho scoperto perché c'è internet, e queste "cazzo di mail" che a me piacciono però, proprio perché permettono di non far sedimentare troppo, di "rispondere in tempo reale") anch'io, dicevo, frequento il tuo blog; e sono contento che ci sia, ché altrimenti avrei dovuto accontentarmi solo di ricordi, flash imprecisi e falsificanti quanto sanno esserlo i ricordi cui si è affezionati. Ma sono d'accordo: niente disgustanti anatomie. Il nostro passato non le merita. E nemmeno noi.

Il nostro passato, che si è chiuso negando il futuro. E questo futuro, che non sa più che farsene del passato... 

...

Questo racconto è pubblicato in Luz Bisetti, A ciascuno la sua solitudine, bookabook, Milano 2019. Cercatelo in libreria! 

Tutti i diritti riservati 2018
Creato con Webnode
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia