L'ora X

10.11.2018

Le era successa una cosa strana, poco spiegabile: aveva appeso alla parete di fronte al letto, per evitare di guardare continuamente quello del cellulare, un orologio analogico, da poco prezzo e design pretenzioso, che aveva sempre assolto il suo compito con discreta precisione. Ebbene, a un certo punto (Rebecca stava cercando di ricostruire esattamente quando) aveva cominciato a segnare l'ora in modo strano, casuale. Dapprima aveva pensato che la pila si stesse scaricando, e aveva provveduto a sostituirla. Nessun risultato: si fermava, riprendeva, pasticciava. Quando lo guardava, la lancetta dei secondi scorreva placida, sicura di sé, senza esitazioni; ma non appena si allontanava per qualche ora sapeva già che tornando avrebbe dovuto risistemarlo, riportandolo avanti; e se la sua assenza si prolungava, capitava anche di trovarlo abbarbicato a un tempo incerto, di poco in anticipo sul futuro, o in terribile ritardo sul passato.

Pur amando la sua città, uno dei vertici del cosiddetto triangolo magico europeo, Rebecca non nutriva alcun interesse per i mondi paralleli, gli spiritismi della domenica, le pratiche paranormali; era un distacco profondo, incolmabile, una fede assente e di cui non sentiva necessità, quella. L'idea quindi che una "cosa" potesse subire energie incontrollabili, fuoriuscire dal suo stato di oggetto o organizzarsi secondo una logica diversa da quella razionalmente certificata era ipotesi improponibile anche se divertente. Però il suo orologio era ugualmente impazzito, e su questo voleva scientificamente indagare.

Il quando, allora. La prima volta era stata sua madre a farglielo notare: il tuo orologio è indietro, bimba, si starà scaricando la pila... Boh, l'ho cambiata da poco ...

...

Questo racconto è pubblicato in Luz Bisetti, A ciascuno la sua solitudine, bookabook, Milano 2019. Cercatelo in libreria! 

Tutti i diritti riservati 2018
Creato con Webnode
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia