Franco Rella. L'arte e il tempo

Rella parte da Shakespeare, dal tempo "uscito dai cardini" e non più recuperabile nella sua scansione ciclica, nel suo portato cronografico accettato e introiettato. Da allora, lo sappiamo, non s'è potuto che precipitare. L'accelerazione del moderno e la mortifera metafisica del progresso hanno sancito l'impossibilità di sedimentare senso, alimentando l'incubo dell'idea della morte: non solo noi, ma le cose spariscono, ingoiate dal susseguirsi di istanti indistinguibili gli uni dagli altri, e quindi condannati all'opacità, all'inessenzialità, all'oblio perenne.

In questo universo plumbeo Rella ipotizza un percorso forse salvifico: e solo per questo, affogati come siamo nel nullismo cosmico che ci attornia, dovremmo serbargli eterna riconoscenza. È un itinerario che si snoda attraverso tutto il suo pensiero filosofico, e che individua nell'arte il possibile mezzo per custodire le cose, per salvarle dal vuoto che le ingoia.

E, meraviglia delle meraviglie, questo cammino basa le sue fondamenta proprio su uno dei protagonisti della nostra incertezza attuale, sull'immagine: il rapporto con la realtà che lo scardinamento del tempo ha reso impercorribile può venire recuperato dall'immagine che l'arte ne può dare, perché essa sa racchiudere, contestualizzandole, le tensioni che le cose, private del loro portato simbolico, non possono più esprimere.

Perché l'artista è l'unico in grado di far entrare in tensione l'immagine e il simbolo, la forma e la sostanza delle cose inaugurando un conflitto creativo che interrompe l'inarrestabile vorticare del tempo. Così, costringere la realtà a fare i conti con la propria imprendibile immagine diventa il compito ineludibile dell'artista, per consentirci di ritessere i nodi di una rete semantica che l'attuale babele delle immagini sembra occultare, per insegnare a tutti noi che sostiamo attoniti sui bordi dell'incomunicabilità, un linguaggio in grado di esprimere il frastuono che ci assorda. Un libro fondamentale.