Falso in bilancio

27.10.2019

Lo aveva riscosso il russare lento, ritmato, profondo del suo nuovo vicino di letto: era cambiato ancora una volta, in quell'ospizio non si riusciva a star tranquilli più di una settimana. Poi, ancora nel dormiveglia, aveva sentito delle voci avvicinarsi nel corridoio, e gli era parso che si fossero fermate alla porta; allora aveva socchiuso gli occhi per sbirciare chi stava aprendo senza farsene accorgere: "Sarà l'infermiera del pomeriggio, quella con la voce da oca giuliva, sempre allegra -che cazzo c'avrà da ridere, poi!-", aveva pensato. "O forse è già ora di merenda: ehi, se è domenica arriva il gelato!" si ricordò improvvisamente.

Cercò di fare mente locale per scoprire il nome del giorno, ma gli parevano secoli ormai che il suo tempo scorreva sempre uguale, monotono, insulso. Non aveva calendario, anzi, aveva buttato quello che gli aveva portato la ragazza che l'assistenza sociale gli aveva assegnato per accudirlo. Ragazza! Si fa per dire; aveva di sicuro passato la quarantina, ma era una tipa briosa, spigliata, che metteva allegria; e lui, per ripicca, al suo arrivo intorbidiva lo sguardo, esacerbava il malumore: «Cosa vuole che me ne importi di che giorno è? È un giorno uguale a ieri e preciso a domani, e tutti e tre, ieri, oggi, domani, sono insensatamente uguali a quelli che verranno fino a che non sarà finita», aveva declamato cupo quando lei gliene aveva chiesto conto. «Sempre pessimista!» aveva controbattuto lei. «Pessimista? No, solo realista», aveva troncato lui.

L'ultima volta era venuta per tagliargli i capelli e aiutarlo a fare il bagno: un ricordo che gli piaceva ripercorrere, la spugna che lei gli intrufolava ovunque, sotto le ascelle, lungo la schiena, nell'incavo del collo, attorno ai piedi grossi e ossuti. Gli pareva che avesse un'attenzione quasi maniacale per il suo corpo, attenzione che si arrestava quando arrivava all'inguine: «Lì fa da solo, vero?». «D'accordo, ma tanto lui è già morto, sa», ribatteva ghignando guardandosi il cazzo afflosciato, e aggiungeva: «Una volta il solo pensiero di una mano di donna vicina l'avrebbe svegliato, ma ormai...». «Mai fidarsi!», aveva esclamato lei, «e poi io sono cattolica e credo nella resurrezione!». Era perfino riuscita a strappargli una risata con quella battuta: "Già, è davvero simpatica 'sta ragazza! ma com'è che si chiama?" si chiedeva, "comincia per vu mi pare: Veronica? Valeria? No... Viola, ecco come si chiama, chissà se è lei".

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Questo racconto è pubblicato in Luz Bisetti, Fuori amore e altri racconti, Readaction editrice, Roma 2023. Cercatelo in libreria! 

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