Cappero
«Capperoooo! dove sei bel micio? Vieni, dài, che andiamo a trovare Matilde»; impugnando la pettorina, Lavinia aspettava che il suo gatto saltasse sul tavolo per farsi 'vestire', come diceva. Cappero era arrivato quasi subito, era salito agilmente sul tavolo e si era fatto bardare inframmezzando l'operazione con fusa, testatine, strusciamenti e richieste di varie attenzioni; poi erano usciti nell'aria tiepida di fine maggio. Si erano appena trasferiti nella nuova casa, in un quartiere una volta operaio e ora multietnico, come si dice adesso per tacere il degrado e la disperazione incollati alla pelle dei suoi abitanti. Perché l'aveva scelto per il suo ennesimo trasloco? "Ennesimo? Via, non esagerare, il terzo?... o il quarto?". Non ricordava bene quando era cominciata quella sua scelta ostinata che si traduceva in un mantra collaudato: "Non più di tre anni nella stessa casa e nello stesso quartiere, solo case in affitto, il trasloco la seconda settimana di maggio, che così tra il 25 aprile e il primo maggio ho tempo di organizzarmi bene prendendo ferie". Ripensandoci ora le pareva tutto un po' assurdo, come se fosse stata un'altra persona a prendere quelle draconiane decisioni. Perché erano cambiate delle cose, nella sua vita; aveva capito delle cose, per meglio dire…
«Perché lo porti al guinzaglio? I gatti non si portano al guinzaglio». Era stata riscossa dai suoi pensieri dalla voce di un ragazzino, un vago accento esteuropeo nella cadenza. «I gatti sono animali liberi, così lo imprigioni», continuava saccente. Lavinia l'aveva guardato con sufficienza, chiedendosi se ignorarlo o rispondere; poi aveva controbattuto: «L'unica libertà che gli tolgo è quella di finire sotto una macchina perché magari un ragazzino scemo lo spaventa; per il resto è il gatto più libero del mondo, sta' tranquillo», e si era voltata per riprendere la passeggiata. Ma lui non aveva intenzione di mollare: «Come si chiama?» "Dio, che cozza, questo"… Si era fermata per guardarlo negli occhi e tentare una risposta definitiva, di quelle che sapeva dare lei e che impietrivano persino i suoi genitori. Invece, incrociato lo sguardo ridente e interessato del ragazzino, aveva risposto con insolita dolcezza: «Si chiama Cappero, come quelli che si mettono nella pizza». «Lo so cosa sono i capperi! E perché gli hai dato un nome così strano?». «Non so, quando l'ho trovato mi è venuto in mente questo e gliel'ho dato, e a lui piace. Adesso lasciaci andare, per piacere! ciao». «Ciao»; e si erano avviati ognuno per la sua strada.
"Quando l'ho trovato? Quando lui mi ha scelta, quando ci siamo scelti".
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Questo racconto è pubblicato in Luz Bisetti, Fuori amore e altri racconti, Readaction editrice, Roma 2023. Cercatelo in libreria!